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Andrea Camilleri
Riduci
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15 Anni 1 Mese fa - 15 Anni 1 Mese fa #2410
da LaDea
Andrea Camilleri è stato creato da LaDea
Nato a Porto Empedocle (Agrigento) nel 1925 , Andrea Camilleri vive da anni a Roma. Regista, autore teatrale e televisivo,ha scritto saggi sullo spettacolo. Sin dal '49 lavora come regista e sceneggiatore; in queste vesti ha legato il suo nome alle piu' note produzioni poliziesche della tv italiana: quelle che avevano come protagonisti il tenente Sheridan e il commissario Maigret. Col passare degli anni ha affiancato a questa attivita' quella di scrittore; e' stato autore infatti di importanti romanzi di ambientazione siciliana nati dai suoi personali studi sulla storia dell'isola. Il grande successo e' poi arrivato con l'invenzione del Commissario Montalbano, protagonista di romanzi che non abbandonano mai le ambientazioni e le atmosfere siciliane e che non fanno alcuna concessione a motivazioni commerciali o a uno stile di piu' facile lettura
Io ne ho letti tanti dei suoi libri sono davvero piacevoli
"Sostengono che sono uno scrittore facile, magari se poi s'addannano a capire come scrivo. Sto cercando d'aggiornarmi, Salvo. Tanticchia di sangue sulla carta non fa male a nessuno."
Io ne ho letti tanti dei suoi libri sono davvero piacevoli
"Sostengono che sono uno scrittore facile, magari se poi s'addannano a capire come scrivo. Sto cercando d'aggiornarmi, Salvo. Tanticchia di sangue sulla carta non fa male a nessuno."
Ultima Modifica 15 Anni 1 Mese fa da LaDea.
Riduci
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15 Anni 1 Mese fa #2411
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Andrea Camilleri
Tratto dal libro Gli Arancini di Montalbano :
La nottata era proprio tinta, botte di vento arraggiate si alternavano a rapide passate d'acqua tanto malintenzionate che parevano volessero infilzare i tetti. Montalbano era tornato a casa da poco, stanco perché il travaglio della jornata era stato duro e soprattutto faticante per la testa. Raprì la porta-finestra che dava sulla verandina: il mare si era mangiato la spiaggia e quasi toccava la casa. No, non era proprio cosa, l'unica era farsi una doccia e andarsi a corcare con un libro. Sì, ma quale? A eleggere il libro col quale avrebbe passato la notte condividendo il letto e gli ultimi pinsèri era macari capace di perderci un'orata. Per prima cosa, c'era la scelta del genere, il più adatto all'umore della serata. Un saggio storico sui fatti del secolo? Andiamoci piano: con tutti i revisionismi di moda, capitava che t'imbattevi in uno che ti veniva a contare che Hitler era stato in realtà uno pagato dagli ebrei per farli diventare delle vittime compatite in tutto il mondo. Allora ti pigliava il nirbùso e non chiudevi occhio. Un giallo? Sì, ma di che tipo? Forse era indicato per l'occasione uno di quelli inglesi, preferibilmente scritti da una fìmmina, tutto fatto di intrecciati stati d'animo che però dopo tre pagine ti fanno stuffare. Allungò la mano per pigliarne uno che non aveva ancora letto e in quel momento il telefono sonò. Cristo! Si era scordato di telefonare a Livia, certamente era lei che chiamava, preoccupata. Sollevò il ricevitore.
"Pronto? È la casa del commissario Montalbano?"
"Sì, chi parla?"
"Genco Orazio sono."
E che voleva Orazio Genco, quasi settantenne ladro di case? A Montalbano quel ladro che in vita sua non aveva mai fatto un gesto violento stava simpatico e l'altro questa simpatia la sentiva.
"Che c'è, Orà?"
"Ci devo parlari, dottore."
"È cosa seria?"
"Dottore, non ce lo saccio spiegare. È una cosa stramma, che non mi persuade. Ma vossia è meglio se la sa."
"Vuoi venire a casa mia?"
"Sissi."
"E come vieni?"
"Con la bicicletta."
"Con la bicicletta? A parte che ti pigli una purmonìa, tu arrivi qua che è già matino."
"E allora come facciamo?"
"Da dove mi stai chiamando?"
"Dalla gabina che c'è vicino al monumento ai caduti."
"Aspettami lì, almeno ti ripari. Piglio la macchina e tra un quarto d'ora arrivo. Aspettami."
Arrivò con tanticchia di ritardo sul previsto perché prima di nèsciri aveva avuto una bella pensata: riempire un thermos di caffè bollente. Assittato allato al commissario dintra la macchina, Orazio Genco se ne scolò un intero bicchiere di plastica.
"Di freddo mi ero pigliato."
Fece schioccare la lingua, beato.
"E ora ci vorrebbe una bella sigaretta."
Montalbano gli pruì il pacchetto, gliela accese.
"Serve altro? Orà, m'hai fatto correre fino a qua perché avevi gana di un cafè e di una sigaretta?"
"Commissà, stanotte ero andato ad arrubare."
"E io t'arresto."
"Commissà, dico meglio: stanotte avevo intinzioni di andare ad arrubbare."
"Hai cangiato idea?"
"Sissi."
"E perché?"
"Ora ce lo conto. Fino a qualche anno passato io travagliavo nelle villette a ripa di mare, quando i proprietari se ne andavano perché veniva il malottempo. Ora le cose sono cangiate."
"In che senso?"
"Nel senso che le villette non sono più disabitate. Ora la gente ci sta macari d'inverno, tanto con l'automobile vanno dove vogliono. E accussì pi mia è diventato lo stesso arrubbare in paìsi o nelle villette."
Facciamo contento Bossi ecco il dialetto
La nottata era proprio tinta, botte di vento arraggiate si alternavano a rapide passate d'acqua tanto malintenzionate che parevano volessero infilzare i tetti. Montalbano era tornato a casa da poco, stanco perché il travaglio della jornata era stato duro e soprattutto faticante per la testa. Raprì la porta-finestra che dava sulla verandina: il mare si era mangiato la spiaggia e quasi toccava la casa. No, non era proprio cosa, l'unica era farsi una doccia e andarsi a corcare con un libro. Sì, ma quale? A eleggere il libro col quale avrebbe passato la notte condividendo il letto e gli ultimi pinsèri era macari capace di perderci un'orata. Per prima cosa, c'era la scelta del genere, il più adatto all'umore della serata. Un saggio storico sui fatti del secolo? Andiamoci piano: con tutti i revisionismi di moda, capitava che t'imbattevi in uno che ti veniva a contare che Hitler era stato in realtà uno pagato dagli ebrei per farli diventare delle vittime compatite in tutto il mondo. Allora ti pigliava il nirbùso e non chiudevi occhio. Un giallo? Sì, ma di che tipo? Forse era indicato per l'occasione uno di quelli inglesi, preferibilmente scritti da una fìmmina, tutto fatto di intrecciati stati d'animo che però dopo tre pagine ti fanno stuffare. Allungò la mano per pigliarne uno che non aveva ancora letto e in quel momento il telefono sonò. Cristo! Si era scordato di telefonare a Livia, certamente era lei che chiamava, preoccupata. Sollevò il ricevitore.
"Pronto? È la casa del commissario Montalbano?"
"Sì, chi parla?"
"Genco Orazio sono."
E che voleva Orazio Genco, quasi settantenne ladro di case? A Montalbano quel ladro che in vita sua non aveva mai fatto un gesto violento stava simpatico e l'altro questa simpatia la sentiva.
"Che c'è, Orà?"
"Ci devo parlari, dottore."
"È cosa seria?"
"Dottore, non ce lo saccio spiegare. È una cosa stramma, che non mi persuade. Ma vossia è meglio se la sa."
"Vuoi venire a casa mia?"
"Sissi."
"E come vieni?"
"Con la bicicletta."
"Con la bicicletta? A parte che ti pigli una purmonìa, tu arrivi qua che è già matino."
"E allora come facciamo?"
"Da dove mi stai chiamando?"
"Dalla gabina che c'è vicino al monumento ai caduti."
"Aspettami lì, almeno ti ripari. Piglio la macchina e tra un quarto d'ora arrivo. Aspettami."
Arrivò con tanticchia di ritardo sul previsto perché prima di nèsciri aveva avuto una bella pensata: riempire un thermos di caffè bollente. Assittato allato al commissario dintra la macchina, Orazio Genco se ne scolò un intero bicchiere di plastica.
"Di freddo mi ero pigliato."
Fece schioccare la lingua, beato.
"E ora ci vorrebbe una bella sigaretta."
Montalbano gli pruì il pacchetto, gliela accese.
"Serve altro? Orà, m'hai fatto correre fino a qua perché avevi gana di un cafè e di una sigaretta?"
"Commissà, stanotte ero andato ad arrubare."
"E io t'arresto."
"Commissà, dico meglio: stanotte avevo intinzioni di andare ad arrubbare."
"Hai cangiato idea?"
"Sissi."
"E perché?"
"Ora ce lo conto. Fino a qualche anno passato io travagliavo nelle villette a ripa di mare, quando i proprietari se ne andavano perché veniva il malottempo. Ora le cose sono cangiate."
"In che senso?"
"Nel senso che le villette non sono più disabitate. Ora la gente ci sta macari d'inverno, tanto con l'automobile vanno dove vogliono. E accussì pi mia è diventato lo stesso arrubbare in paìsi o nelle villette."
Facciamo contento Bossi ecco il dialetto
Riduci
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15 Anni 1 Mese fa #2493
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Andrea Camilleri
Il Ladro di Merendine
A Vigata si susseguono una serie di eventi: nella notte un peschereccio di Mazara del Vallo, il "Santopadre", viene intercettato e mitragliato, apparentemente in acque internazionali, da una motovedetta tunisina. I colpi esplosi uccidono un marinaio tunisino che si trovava a bordo dell'imbarcazione italiana. Sempre nella stessa giornata avviene l'assassinio del commerciante Aurelio Lapecora, accoltellato in un ascensore e la misteriosa scomparsa di Karima Moussa, una bellissima donna delle pulizie tunisina.
Montalbano scopre che la ragazza lavorava anche nell'ufficio del commerciante assassinato di cui era l'amante e che questa aveva un figlio, François, anch'esso scomparso.
Grazie all'aiuto dell'anziana Aisha, una conoscente di Karima, Montalbano ritrova anche un libretto di risparmio di proprietà della ragazza con depositati cinquecento milioni di lire, una somma troppo alta per una giovane immigrata che avrebbe dovuto avere solo quanto gli proveniva dal suo umile lavoro.
Mentre torna in commissariato dalla visita alla casa di Karima, Montalbano vede davanti a una scuola elementare un gruppetto di mamme che si lamentano con un vigile di alcuni furti di merendine di cui accusano un piccolo extracomunitario. Montalbano intuisce che si tratta di François: appostandosi insieme alla fidanzata Livia ed ai suoi uomini, riesce a prendere il piccolo tunisino che si era rifugiato in una casa abbandonata.
Livia nel tranquillizzare il bambino portato in casa da Montalbano per proteggerlo, sentirà nascere in lei il suo istinto materno e il desiderio di formare con Salvo un'unione più intensa adottando il bambino.
Il commissario aderirà al progetto di Livia ma nel frattempo le indagini si complicano perché ci mettono lo zampino i servizi segreti nella viscida figura del colonnello Lohengrin Pera
Sempre per far contento Bossi ecco una frase in dialetto tratta dal libro
"Dottori! Stamattina tilifonò gente che addimandava di lei pirsonalmente di pirsona! I nomi ce li scrissi in questo pizzino" E gli porse un foglietto malamente strappato da un quaderno a quadretti. "E tua sorella tilifonò?" spiò, pericolosamente gentile, Montalbano. Catarella prima s'imparpagliò, poi sorrise. "Dottori, vossia vuole babbiare? Mè soro spossibilitata a tilifonare è." "E' monca?" "Nonsi, dottori, non è monaca. Non gli viene di tilifonare in quanto che non c'è, pirchì io sono figlio unico e mascolo di mè patre e di mè matre." Il commissario abbandonò la partita, sconfitto.
A Vigata si susseguono una serie di eventi: nella notte un peschereccio di Mazara del Vallo, il "Santopadre", viene intercettato e mitragliato, apparentemente in acque internazionali, da una motovedetta tunisina. I colpi esplosi uccidono un marinaio tunisino che si trovava a bordo dell'imbarcazione italiana. Sempre nella stessa giornata avviene l'assassinio del commerciante Aurelio Lapecora, accoltellato in un ascensore e la misteriosa scomparsa di Karima Moussa, una bellissima donna delle pulizie tunisina.
Montalbano scopre che la ragazza lavorava anche nell'ufficio del commerciante assassinato di cui era l'amante e che questa aveva un figlio, François, anch'esso scomparso.
Grazie all'aiuto dell'anziana Aisha, una conoscente di Karima, Montalbano ritrova anche un libretto di risparmio di proprietà della ragazza con depositati cinquecento milioni di lire, una somma troppo alta per una giovane immigrata che avrebbe dovuto avere solo quanto gli proveniva dal suo umile lavoro.
Mentre torna in commissariato dalla visita alla casa di Karima, Montalbano vede davanti a una scuola elementare un gruppetto di mamme che si lamentano con un vigile di alcuni furti di merendine di cui accusano un piccolo extracomunitario. Montalbano intuisce che si tratta di François: appostandosi insieme alla fidanzata Livia ed ai suoi uomini, riesce a prendere il piccolo tunisino che si era rifugiato in una casa abbandonata.
Livia nel tranquillizzare il bambino portato in casa da Montalbano per proteggerlo, sentirà nascere in lei il suo istinto materno e il desiderio di formare con Salvo un'unione più intensa adottando il bambino.
Il commissario aderirà al progetto di Livia ma nel frattempo le indagini si complicano perché ci mettono lo zampino i servizi segreti nella viscida figura del colonnello Lohengrin Pera
Sempre per far contento Bossi ecco una frase in dialetto tratta dal libro
"Dottori! Stamattina tilifonò gente che addimandava di lei pirsonalmente di pirsona! I nomi ce li scrissi in questo pizzino" E gli porse un foglietto malamente strappato da un quaderno a quadretti. "E tua sorella tilifonò?" spiò, pericolosamente gentile, Montalbano. Catarella prima s'imparpagliò, poi sorrise. "Dottori, vossia vuole babbiare? Mè soro spossibilitata a tilifonare è." "E' monca?" "Nonsi, dottori, non è monaca. Non gli viene di tilifonare in quanto che non c'è, pirchì io sono figlio unico e mascolo di mè patre e di mè matre." Il commissario abbandonò la partita, sconfitto.
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15 Anni 3 Settimane fa #2661
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Andrea Camilleri
Gocce di Sicilia
Zù Cola era davvero "pirsona pulita"? E perché a San Calò piace tanto il vino? Come finirà la sfida tra "Calibardi" e il "Signiruzzo"? In queste pagine Andrea Camilleri ci offre una serie di immagini della sua terra natale, la Sicilia: "gocce" distillate di un amore antico e radicato nelle quali brilla tutta la vivacità dell'ingegno e del carattere isolano.
Che rievochi con affetto la figura dello zio "magico", "u zz'Arfredu", o che racconti divertito la strana guerra per la bandiera scatenatasi tra comunisti, democristiani e separatisti alla vigilia delle prime elezioni regionali in Sicilia, in ogni suo testo Camilleri fa risplendere quel funambolismo della scrittura, quel suo linguaggio inventivo, insieme barocco e popolare, siciliano e nazionale, che ne ha fatto l'autore italiano più letto e amato degli ultimi anni
Zù Cola era davvero "pirsona pulita"? E perché a San Calò piace tanto il vino? Come finirà la sfida tra "Calibardi" e il "Signiruzzo"? In queste pagine Andrea Camilleri ci offre una serie di immagini della sua terra natale, la Sicilia: "gocce" distillate di un amore antico e radicato nelle quali brilla tutta la vivacità dell'ingegno e del carattere isolano.
Che rievochi con affetto la figura dello zio "magico", "u zz'Arfredu", o che racconti divertito la strana guerra per la bandiera scatenatasi tra comunisti, democristiani e separatisti alla vigilia delle prime elezioni regionali in Sicilia, in ogni suo testo Camilleri fa risplendere quel funambolismo della scrittura, quel suo linguaggio inventivo, insieme barocco e popolare, siciliano e nazionale, che ne ha fatto l'autore italiano più letto e amato degli ultimi anni
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15 Anni 2 Settimane fa #2761
da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Andrea Camilleri
Il tailleur grigio
Un alto funzionario di una banca siciliana è al primo giorno di pensione. Potrebbe dormire quando vuole e invece si sveglia come sempre “alle sei spaccate”: glielo conferma inesorabilmente il suo “ralogio da polso” che sta sul comodino. Prova a restarne “ancora canticchia corcato”, ma non ci riesce perché l’abitudine prevale. Quando si veste lo fa meccanicamente e si ritrova addobbato come se dovesse andare a un consiglio d’amministrazione: “e invece l’unica cosa che d’ora in avanti avrebbe dovuto amministrare era l’enorme quantità di tempo che aveva a disposizione per non fare nenti di nenti”.
Questa è la situazione iniziale del protagonista del nuovo racconto di Camilleri. Diventerà un flebile leit-motiv che non corrisponderà però alla realtà narrata, perché l’uomo, invece, appare subito preso da un gran da fare tutto mentale. Ora che non deve più lavorare, ora che non è costretto ad avere il cervello “protetto” e “imbozzolito” dai doveri professionali, può rivisitare la vita personale e soprattutto il rapporto (ormai spento) con la moglie Adele, la quale – di questo è sicuro – lo tradisce con scrupoloso metodicità. Ma giacchè tra lui e lei ci sono venticinque anni di differenza il fatto può essere accettato come naturale. L’uomo ha sempre saputo che ciò sarebbe accaduto, fin dal primo incontro, quando si trovò davanti, lui vedovo maturo, la vedova fresca fresca di un suo dipendente, cioè “una picciotta di una tale billizza che il dolore e la disperazione del lutto non riuscivano manco a scalfire”. Tanto più ne è convinto oggi, quando, con lo spettro davanti di una giornata vuota, vede comparire all’improvviso la “muliere””elegantissima e vaporosa” e deve purtroppo constatare quanto, “appena toccata la quarantina”, era “addivintata ancora cchiù beddra di quando, dieci anni prima, se l’era maritata”.
Il povero marito sa di certo, perché lo ha controllato, che c’è stato un tradimento con un campione di basket e sa che adesso è in corso una tresca appassionata (in casa sua) con il “cugino” Daniele: “beddro picciotto, avuto, biunno, occhi azzurri, fisico d’atlete”. Ma l’ex bancario non recrimina più di tanto. Anche lui ha avuto. La moglie con lui “faceva all’amore totalmente disinibita, con foga travolgente, senza nisciuna vrigogna, disposta alla qualunque, senza avere mai gana di smettere”. Tant’è che “alla fine di ogni nottata, lui era esausto, lei frisca come una rosa”. Poi con il passare degli anni “si era reso conto che il corpo di Adele reagiva indipendentemente da ogni sentimento, era una macchina perfetta che si metteva in moto appena si premeva il pulsante giusto e non la smetteva più di funzionare”. Lui, invece, dopo qualche annetto aveva incominciato a perdere piano piano più d’un colpo.
C’è tuttavia qualcosa che lo disturba ed è la percezione di essere un burattino nelle mani della donna. Ciò lo avvilisce e gli crea un sordo risentimento, per quanto controllato dalla “lucidità che sempre lo aveva governato”. Adele ha trasformato la casa per acquisire una libertà maggiore e ha costretto il marito a traslocare di stanza in stanza, perché non la disturbi nei suoi maneggi. Ha messo su insomma un teatrino di cui lei diventa l’invisibile protagonista e lui un ingombro da annullare. A questo l’uomo non ci sta. Il suo nuovo lavoro allora consisterà nel tentativo di scompigliare il teatrino costruito con destrezza disinvolta della donna per continuare a farsi i fatti suoi e insieme per conservare la propria rispettabilità. Lei procura al marito un nuovo lavoro perché stia lontano da casa come prima, lui tergiversa prima di accettare per “ad divertirsi canticchia” e tenere così la moglie (e l’amante) in apprensione.
E’ vero, Adele gli ha sempre confessato, come se recitasse in un melodramma, di avere l’anima “come un deserto”, nel quale non sarebbe mai nata “un’oasi”. Ma il precipitare degli eventi, il galoppare di una malattia subdola che porterà allo stremo il marito sembrano cambiare le cose radicalmente. La donna si prende cura di lui, lo assiste amorevolmente, pratica (o simula) una brusca interruzione di rotta. “Ma com’era fatta quella fimmina? Possibile che appena si faceva una convinzione su sua mogliere, bastava un gesto di lei per mandare tutto all’aria?”.
Un alto funzionario di una banca siciliana è al primo giorno di pensione. Potrebbe dormire quando vuole e invece si sveglia come sempre “alle sei spaccate”: glielo conferma inesorabilmente il suo “ralogio da polso” che sta sul comodino. Prova a restarne “ancora canticchia corcato”, ma non ci riesce perché l’abitudine prevale. Quando si veste lo fa meccanicamente e si ritrova addobbato come se dovesse andare a un consiglio d’amministrazione: “e invece l’unica cosa che d’ora in avanti avrebbe dovuto amministrare era l’enorme quantità di tempo che aveva a disposizione per non fare nenti di nenti”.
Questa è la situazione iniziale del protagonista del nuovo racconto di Camilleri. Diventerà un flebile leit-motiv che non corrisponderà però alla realtà narrata, perché l’uomo, invece, appare subito preso da un gran da fare tutto mentale. Ora che non deve più lavorare, ora che non è costretto ad avere il cervello “protetto” e “imbozzolito” dai doveri professionali, può rivisitare la vita personale e soprattutto il rapporto (ormai spento) con la moglie Adele, la quale – di questo è sicuro – lo tradisce con scrupoloso metodicità. Ma giacchè tra lui e lei ci sono venticinque anni di differenza il fatto può essere accettato come naturale. L’uomo ha sempre saputo che ciò sarebbe accaduto, fin dal primo incontro, quando si trovò davanti, lui vedovo maturo, la vedova fresca fresca di un suo dipendente, cioè “una picciotta di una tale billizza che il dolore e la disperazione del lutto non riuscivano manco a scalfire”. Tanto più ne è convinto oggi, quando, con lo spettro davanti di una giornata vuota, vede comparire all’improvviso la “muliere””elegantissima e vaporosa” e deve purtroppo constatare quanto, “appena toccata la quarantina”, era “addivintata ancora cchiù beddra di quando, dieci anni prima, se l’era maritata”.
Il povero marito sa di certo, perché lo ha controllato, che c’è stato un tradimento con un campione di basket e sa che adesso è in corso una tresca appassionata (in casa sua) con il “cugino” Daniele: “beddro picciotto, avuto, biunno, occhi azzurri, fisico d’atlete”. Ma l’ex bancario non recrimina più di tanto. Anche lui ha avuto. La moglie con lui “faceva all’amore totalmente disinibita, con foga travolgente, senza nisciuna vrigogna, disposta alla qualunque, senza avere mai gana di smettere”. Tant’è che “alla fine di ogni nottata, lui era esausto, lei frisca come una rosa”. Poi con il passare degli anni “si era reso conto che il corpo di Adele reagiva indipendentemente da ogni sentimento, era una macchina perfetta che si metteva in moto appena si premeva il pulsante giusto e non la smetteva più di funzionare”. Lui, invece, dopo qualche annetto aveva incominciato a perdere piano piano più d’un colpo.
C’è tuttavia qualcosa che lo disturba ed è la percezione di essere un burattino nelle mani della donna. Ciò lo avvilisce e gli crea un sordo risentimento, per quanto controllato dalla “lucidità che sempre lo aveva governato”. Adele ha trasformato la casa per acquisire una libertà maggiore e ha costretto il marito a traslocare di stanza in stanza, perché non la disturbi nei suoi maneggi. Ha messo su insomma un teatrino di cui lei diventa l’invisibile protagonista e lui un ingombro da annullare. A questo l’uomo non ci sta. Il suo nuovo lavoro allora consisterà nel tentativo di scompigliare il teatrino costruito con destrezza disinvolta della donna per continuare a farsi i fatti suoi e insieme per conservare la propria rispettabilità. Lei procura al marito un nuovo lavoro perché stia lontano da casa come prima, lui tergiversa prima di accettare per “ad divertirsi canticchia” e tenere così la moglie (e l’amante) in apprensione.
E’ vero, Adele gli ha sempre confessato, come se recitasse in un melodramma, di avere l’anima “come un deserto”, nel quale non sarebbe mai nata “un’oasi”. Ma il precipitare degli eventi, il galoppare di una malattia subdola che porterà allo stremo il marito sembrano cambiare le cose radicalmente. La donna si prende cura di lui, lo assiste amorevolmente, pratica (o simula) una brusca interruzione di rotta. “Ma com’era fatta quella fimmina? Possibile che appena si faceva una convinzione su sua mogliere, bastava un gesto di lei per mandare tutto all’aria?”.
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