Miti e Leggende

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14 Anni 7 Mesi fa #2519 da LaDea
Miti e Leggende è stato creato da LaDea
Viviamo in un tempo dove é più facile muoversi. Con le auto, i treni, gli aerei, si riescono a coprire grandi distanze; le case hanno tutti i confort....Le città come le case, di sera di accendono di mille luci, ci sono le insegne dei negozi, i lampioni nelle vie e anche parte delle strade che collegano i vari paesi, sono illuminate. Questo ha portato ad allontanare sempre più, fino a eclissarsi, dei piccoli insetti che durante le giovanili calde serate estive, hanno tenuto vivo quel filo sottile che lega la realtà con la fantasia
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14 Anni 7 Mesi fa #2568 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
La leggenda è un tipo di racconto molto antico, come il mito e la fiaba, e fa parte del patrimonio culturale di tutti i popoli, appartiene alla tradizione orale e nella narrazione mescola il reale al meraviglioso.

La parola "leggenda" deriva dal latino legenda che significa "cose che devono essere lette", "degne di essere lette" e con questo termine, un tempo, si voleva indicare il racconto della vita di un santo e soprattutto il racconto dei suoi miracoli.

In seguito la parola acquistò un significato più esteso e oggi la parola leggenda indica qualsiasi racconto che presenti elementi reali ma trasformati dalla fantasia, tramandato per celebrare fatti o personaggi fondamentali per la storia di un popolo, oppure per spiegare qualche caratteristica dell'ambiente naturale e per dare risposta a dei perché.

Le leggende si rivolgono alla collettività, come i miti e spiegano l'origine di qualche aspetto dell'ambiente, le regole e i modelli da seguire, certi avvenimenti storici, o ritenuti tali, allo scopo di rinsaldare i legami d'appartenenza alla comunità.
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14 Anni 7 Mesi fa #2569 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Il mito del "diavolo imbroglione"

In principio, prima della creazione del mondo, c'era solo una grande distesa d'acqua. Dio era adirato di non avere né fratelli, né amici, e, in un momento di furia, scagliò il suo bastone contro la superficie delle acque. Il bastone si trasformò in un enorme albero e sotto l'albero dio scorse il diavolo. "Buongiorno, fratello mio - gli diceva il diavolo - io d'ora in avanti sarò il tuo compagno di viaggio". Per nove giorni vagarono sulla superficie delle acque, ma Dio si accorse che il diavolo non era un amico sincero. Il nono giorno il diavolo disse: "Perché, mio Signore, non creiamo altri esseri che possano rallegrare la nostra vita?" "D'accordo - rispose il Signore - creiamo il mondo e popoliamolo di uomini. Ti insegnerò io come fare. Immergiti nella profondità delle acque e portami della sabbia. Quando avrò la sabbia pronuncerò il mio nome e dalla sabbia nascerà il mondo". Il diavolo allora si immerse nel mare e dal fondo prese una manciata di sabbia, ma invece di portarla in superficie pronunciò subito il suo nome: "Diavolo!". Sperava così di poter creare egli stesso il mondo, ma la sabbia divenne infuocata e gli ustionò le mani. Per nove giorni il diavolo tentò di ingannare Dio, ma ogni volta la sabbia diventava rovente e gli bruciava una parte del corpo. Dio, allora, vedendo il diavolo tutto scottato capì l'inganno. "Sei davvero un cattivo amico - gli disse -, se questa volta non mi porti la sabbia ti brucerai completamente". Il diavolo fu costretto a consegnare la sabbia a Dio. E fu allora sufficiente che colui che è padrone del cielo e della terra pronunciasse il suo nome, "Dio!", perché la sabbia prendesse forma di mondo, con i mari e i fiumi, i monti, le valli, animali ed alberi di ogni tipo. Ma il diavolo era proprio un grande imbroglione. Appena vide il mondo scelse per sé il luogo più bello: "Io abiterò sotto questo albero frondoso al centro della terra".

Questa volta, però, Dio non si fidò più del diavolo e lo fece sprofondare sotto terra. E allora dall'albero caddero molte foglie e ogni foglia generò un uomo"
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14 Anni 7 Mesi fa #2596 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Creazione della donna


Un giorno, sul far della sera, come faceva tutti i giorni, il Signore Dio lasciò Adamo con l’impressione che fosse un po’ triste.

Dio passò la notte pensando. All’alba si affacciò sul mondo, opera delle sue mani. Ammirò la bellezza di tutto e di alcune creature in particolare: i colori smaglianti dell’alba, quelli dell’orizzonte infuocato al sorgere del sole, lo splendore del cielo a mezzogiorno…

Ammirando tutto ripensava all’uomo: Che strano! Come fa ad essere triste se ha tutto il creato per lui? Possibile che questo non lo soddisfi?

La brezza della sera scendeva di nuovo facendo tremolare le foglie degli alberi della foresta e Dio scese per incontrarsi con l’uomo, deciso a chiedergli se si sentisse triste e perché.

Sì, Signore, si spiegò l’uomo, come tramonta il sole io mi sento triste. Capisco che tu mi hai dato potere su tutto quello che hai creato, ma io trovo che tutte le creature sono lontane da me Gli alberi sono belli, ma sono muti. Parlano solo quando infuria il vento o quando crollano a terra. Gli animali emettono suoni, ma non ne capisco il senso. Mi spaventa il fragore del tuono, la violenza dell’uragano mi obbliga a rinchiudermi nella grotta dove entrano serpenti, scorpioni e pipistrelli… Vedo che tutti gli animali comunicano tra loro, ma io mi sento estraneo. Io mi sento solo.

Il Signore Iddio lo ascoltò e capì che l’uomo aveva ragione. Nell’immenso creato era proprio solo. Non c’era nessuno come lui, che gli assomigliasse, in grado di parlare con lui. Allora cominciò a pensare come risolvere questo primo problema della sua creazione. Bisogna che facciamo qualcosa di simile all’uomo, dice Dio a se stesso.

Ripensò a tutte le cose belle della creazione e decise di mettere insieme un po’ di tutto per fare un regalo all’uomo. Drizzò uno stampo e cominciò a dargli forma umana. Poi prese un po’ di bianco dell’aurora, di rosso del sole, sinuosità del serpente, veleno dell’aspide, agilità della gazzella, del canto dell’usignolo, morbilità della sabbia del deserto, azzurro smeraldo e trasparenza delle acque cristalline dei mari, freschezza dei ruscelli di montagna, freddo dei ghiacciai e il calore del sole, un po’ di ciascun colore dell’Iride, gioia, risa, dolore, pianto, desiderio, invidia… Quando ebbe finito soffiò il suo alito di vita nell’opera e apparve la donna, tanto bella che lui stesso ne restò ammirato.

Vedendola così straordinaria, continuò nel suo proposito di offrirla all’uomo come regalo perché gli facesse compagnia e non vivesse più nella triste derivante dalla solitudine.

Verso mezzogiorno gliela portò perché l’uomo la potesse ammirare durante tutto il pomeriggio.

Adamo la guardò, ringraziò, salutò Dio e partì con la donna a fare il solito giro che era solito fare da solo nei sentieri della foresta. L’uomo notò che tutto gli sembrava diverso: camminare, guardare e ammirare il creato in compagnia e parlando con qualcuno per comunicare quello che provava. Dio li guardò con tenerezza mentre si allontanavano presi per mano poi li lasciò soli. Durante otto giorni, rimase nel suo Regno. La sera dell’ottavo giorno, ecco apparire in paradiso i due: la donna davanti e l’uomo dietro, silenziosi e tristi ambedue… Pur sapendo già cosa stava succedendo, Dio lasciò che l’uomo e la donna si avvicinassero e che l’uomo gli spiegasse:

Signore, io ti sono molto grato per questo regalo. Parla come me, canta, danza, mi guarda riempie le mie giornate, ma… non ho più la tranquillità che avevo prima. Specialmente di notte, lei continua a parlare e a muoversi vicino a me e non mi lascia dormire. Ti prego di perdonarmi, ma riprendi pure il tuo dono perché voglio ritrovare me stesso.

Senza obiettare e con la comprensione di un padre Dio riprese la donna e l’uomo se ne tornò nel suo giardino a vivere solo con gli alberi della foresta, gli uccelli e gli animali. Come prima.

I giorni, per l’uomo, ripresero a passare, ma, dopo che aveva riportato la donna da Dio, aveva l’impressione che tra l’alba e il tramonto ci fosse più distanza di quando c’era la donna. Con la mancanza di lei stava entrando di nuovo nella tristezza di prima.

L’ottava notte in solitudine, sempre più lunga, lo convinse a tornare da Dio per dirgli:

Ti prego di scusarmi, Signore, ma ho capito che i giorni e le notti senza la donna sono troppo lunghi…

“Ho capito, lo interruppe il Signore per niente sorpreso, sei venuto a riprenderla!”

E l’uomo e la donna, presi per mano, contenti e felici, tornarono di nuovo nel loro grande giardino. L’uomo, sempre in compagnia della donna, riprese le sue attività di pesca, di caccia e i giorni e le notti scorrevano veloci e senza tristezza. Il canto degli uccelli si mischiava con quello della donna che incantava l’uomo esibendosi con canti e danze, flessioni, salti, nuotate nel mare o nel fiume. Sei giorni e sei notti piene della gioiosa presenza della compagna gli avevano fatto dimenticare tutto il resto del creato. Sembrava che neppure ci fosse. La sua vita, tutto il suo tempo era preso dalla donna. Cominciò a preoccuparsi e a pensare che questo, quando era solo, non gli succedeva mai. Era troppo! Arrivò la sera del settimo giorno. Per la prima volta, entrarono nella grotta in silenzio, senza guardarsi negli occhi e neppure in faccia. Andarono a letto ma l’uomo non riuscì a dormire. Passò la notte pensando e si convinse che così non poteva andare avanti. La vita sarebbe diventata penosa. Meglio riportare la donna al Signore. E così fece.

La donna davanti e l’uomo dietro arrivarono davanti a Dio.

Sono di nuovo qui, Signore, con la compagna che mi hai dato. Nonostante i miei sforzi, non riesco proprio a tenerla. Mi rende la vita impossibile: canta, ride e piange allo stesso tempo e io non capisco perché. Quando io voglio dormire, lei vuol mangiare, cantare, ballare al chiaro di luna... Non si accontenta mai di quello che faccio per lei…Mi rende nervoso e più triste di quando ero solo. Ti prego riprendila, tienila con te che sai come prenderla…

Il Signore, sempre paziente e comprensivo, lo ascoltò, guardandolo in viso. Capì che era convinto di quello che diceva. La donna, a testa bassa come una colpevole, non aggiunse una parola e si avvicinò al Signore che la prese per mano e la portò con sé nel paradiso.

L’uomo, si sentì liberato da un peso insopportabile, riprese la strada del ritorno e si ritirò direttamente nella sua grotta. Voleva dormire tranquillo, da solo. Al mattino, si alzò fresco e riposato. Riprese a camminare osservando e ammirando il creato. E’ un’altra cosa, pensò soddisfatto.

Che era un’altra cosa, senza la donna però, se ne rese conto nei giorni che seguirono. Man mano che passava il tempo aumentava la monotonia di tutto quello che lo circondava: l’alba e il tramonto gli sembravano uguali. Non si meravigliava più di nulla. Anzi, gli davano fastidio il canto degli uccelli, i salti delle scimmie, la corsa delle gazzelle, la snellezza delle giraffe. Tutto gli ricordava la donna, quello che lei faceva, il suo canto melodioso, i suoi occhi teneri da cerbiatto, il suo corpo snello e agile… Tutto! Ma lei non era più a suo fianco. E non c’era, perché l’aveva riportata da Dio! Ma perché? si chiedeva spesso. Non trovando una ragione plausibile si animò a tornare da Dio per spiegargli lo sbaglio che aveva fatto e per riprendersela.

Il Signore Dio lo vide arrivare quando era ancora lontano. Deciso a non perdere la pazienza, si preparò a riceverlo come si meritava. Conoscendo bene i suoi sentimenti, più che altro, voleva convincerlo a riprendersi per sempre la sua donna.

A testa bassa, l’uomo saluta il Signore con grande rispetto e comincia:

Signore, devo essere sincero, è vero che la donna, a volte, mi infastidisce con la sua maniera di essere e di fare, ma è anche vero che tanto le mie giornate come le mie notti sono insopportabili senza di lei! Perciò, ti prego, ridamela! Anche se a volte mi riesce difficile vivere con lei, ho capito bene che non posso vivere neppure senza di lei.

Il Signore lo guardò negli occhi. Lo trovò sincero, pentito e deciso. Prese la donna per mano e gliela condusse dicendo:

Visto che tu non puoi vivere senza di lei e che neppure lei può vivere senza di te, riprendi la tua donna, torna dove ti ho messo e vivete insieme per sempre come signori del creato, amandovi e sopportandovi a vicenda
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14 Anni 7 Mesi fa #2597 da Consuelo
Risposta da Consuelo al topic Re:Miti e Leggende
Il sangue di Bacco

Giove, il re di tutti gli dei, il padrone del mondo, colui al quale ubbidivano tutte le forze dell'universo, spesso e volentieri abbandonava la sua vita di beatitudine sul monte Olimpo e scendeva sulla terra per vivere come un umile mortale, stufo di bere ambrosia o di essere accontentato nei suoi desideri ancor prima di esprimerli. Un giorno, in uno di questi viaggi, incontrò Semele, una giovane e bella fanciulla che aveva il dono divino di sorridere sempre. Questa fanciulla era l'esatto contrario della moglie di Giove, la dea Giunone: sempre accigliata, pettegola, curiosa, gelosa e molto possessiva nei confronti del marito il quale, per poter sfuggire al suo controllo continuo, doveva spesso nascondersi dietro una nuvola. Non appena ebbe visto Semele, il re degli dei se ne invaghì e volle vivere vicino a lei come un semplice essere umano. In un primo tempo le cose andarono molto bene fra loro e l'unione venne allietata dalla nascita di un bambino che venne chiamato Bacco. Ma dopo qualche tempo Giunone, che non tralasciava di far seguire il marito, venne a conoscenza della passione di Giove.

Allora una notte apparve in sogno alla ragazza e le disse: - L'uomo che sta con te non ti ha detto il vero sulla sua identità, perché è molto più potente e più grande di quanto ti abbia fatto credere. Chiedigli di mostrarsi a te nella sua luce reale e avrai la prova di ciò che ti ho detto. La mattina seguente Semele andò incontro a Giove e gli chiese di farsi vedere nel suo pieno splendore. Egli, colto di sorpresa, non seppe resistere alla vanità di essere ammirato dall' amata e riprese le sue vere sembianze di re degli dei. Subito una grande luce si sprigionò dalla sua persona e questa luce fu così intensa che incendiò in un attimo la casa e la misera fanciulla bruciò tra le fiamme. Anche il figlioletto stava per essere bruciato dal fuoco, ma Giove si rese subito conto del pericolo. Chiamò immediatamente il dio Vulcano che aveva dimestichezza con le fiamme e gli ordinò si salvare suo figlio; poi cercò un rifugio per il bambino al fine di proteggerlo dall'ira della moglie. Però non trovò un nascondiglio abbastanza sicuro e dunque decise di metterlo al riparo il un luogo che nessuno potesse sospettare: con un pugnale si aprì una coscia; vi nascose la creatura e rimarginò la ferita in attesa di tempi migliori. Bacco rimase nella gamba del padre fino a quando raggiunse l'età dell'istruzione. Il suo maestro fu Sileno, un grande bevitore tutto dedito ai divertimenti e a scatenare allegre baruffe.

Man mano che cresceva, il discepolo subiva sempre più il fascino del suo precettore e sempre più la sua passione si rivolgeva verso i piaceri della vita mondana, anziché verso la gloria sui campi di battaglia. Per cui, quando giunse il momento di riempire la sua vita di gesta avventurose, accettò di darsi alla vita militare a patto però che il suo esercito non ricorresse mai alle armi. - E come vorresti combattere, caro Bacco? - gli domandò ridendo Silena. - Con bastoni e tamburi - rispose senza esitare il dio. - In tal modo si scatenerà la guerra del fracasso a cui nessun nemico potrà resistere! Detto fatto arruolò una grande quantità di gente allegra, in prevalenza donne, poiché era convinto che facessero molto più rumore e confusione degli uomini. Ordinò quindi al suo esercito di suonare forte e di emettere altissime grida durante il cammino. Bacco guidava quella schiera festante a cavalcioni di una botte, seguito da Sileno che se ne stava seduto sopra un asino. La strana compagnia cominciò a marciare in lungo e in largo conquistando facilmente tutte le terre che attraversava. Le varie popolazioni infatti si affrettavano a sottomettersi a Bacco credendolo un re, poiché aveva la testa coronata di foglie e lo lodavano perché il suo esercito non causava né morti né feriti. Un giorno, però, Bacco si convinse che la guerra senza sangue era poco gloriosa. Chiese consiglio in merito a Sileno e questi gli rispose: - Il rimedio è facile. lo conosco una certa pianta che dà buffissimi frutti, i quali amano tanto la compagnia da non stare mai isolati. Allora si raggruppano intorno a un gambo. Se strizzi questi frutti ne viene fuori un liquido rosso che dà la stessa energia, lo stesso vigore, gli stessi impeti che dà il sangue. E come se nell'individuo entrasse una nuova vita. Per questo io ho dato a questa pianta il nome di "vite". Bacco fu molto lieto di aver trovato quanto occorreva alle sue imprese di guerra e si procurò molti rami della pianta. Si avviò quindi a conquistare le Indie e l'Egitto. Occupò queste terre in poco tempo, sempre favorito dalla sorpresa provocata dal fracasso del suo esercito. In ogni territorio assoggettato piantò delle viti e obbligò i sudditi a cibarsene abbondantemente.

E quando li vedeva con il viso macchiato di rosso, esclamava soddisfatto: - Ora si potrà dire che anche io ho fatto versare del sangue! A volte Bacco riusciva addirittura a sottomettere i nemici senza legarli in catene, ma soltanto facendoli ubriacare. Allora questi lo seguivano e non volevano più lasciarlo. Non tutto però fu sempre così facile. Infatti vari uomini illustri si indignarono per le strategie usate dal dio. Tra questi ci fu Licurgo, il mitico re della Tracia che, con una grossa scure, abbatté molti vigneti. Bacco allora volle vendicarsi di lui, naturalmente senza usare la violenza. Prima lo fece addormentare e poi gli soffiò sopra un alito molto caldo. Licurgo si sentì ardere la gola dalla sete e, poiché vicino a lui c'era soltanto una bisaccia con del vino, iniziò a bere avidamente fino a che non ne ebbe visto il fondo. Le conseguenze, però, furono tragiche: l'uomo si ubriacò a tal punto da non riuscire più a distinguere le cose che lo circondavano e nemmeno il proprio figlio. Poi vide le sue gambe malferme e gli sembrarono due nodosi tronchi di vite e cominciò dare altri colpi, finché non si ridusse a pezzi. Bacco insomma rideva e scherzava, ma non era proprio un bonaccione!
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14 Anni 7 Mesi fa #2604 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
bellissima :lol:
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14 Anni 7 Mesi fa #2620 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
C'era una volta una coppia che desiderava ardentemente un figlio ma non riusciva ad averne. Un giorno il marito andò in un campo a tagliare del bambù. All'improvviso udì una vocina che lo implorava di non fargli del male. Dove sei?, chiese l'uomo. In questa canna!, rispose la vocina. L'uomo aprì la canna di bambù e trovò un bambino piccolissimo, con il volto da ranocchio. Lo portò a casa e con la moglie si affezionarono subito al bambino, anche se non era molto bello. Lo chiamarono Bambù.
Passarono gli anni e Bambù crebbe. Diventò un bravissimo ragazzo che aiutava il padre nel lavoro. Un giorno, il giorno del suo diciottesimo compleanno, i genitori gli diedero un abito e una spada e lo mandarono al mercato a vendere il riso e a comprare delle stoffe. Bambù attraversò la foresta ed ad un tratto si accorse di essere seguito. Gli si parò di fronte un leone affamato. Bambù gli disse: Non ho niente da darti, oggi. Ripassa domani. Ma il leone gli rispose: Ma io so già cosa mangiare: tu! Allora Bambù gli disse: Vattene via, altrimenti ti infilzerò con la mia spada! Il leone, intimorito, scappò via.
Bambù era quasi uscito dalla foresta, quando incontrò un'ape che gli chiese di salvare la sua regina. La regina era una bellissima ragazza, piccolissima, con due ali argentate, che era rimasta impigliata in una ragnatela. Bambù la salvò, ed allora la regina gli regalò tre semi di melone. Questi semi ti aiuteranno a realizzare quello che vuoi. Basterà che tu lo desideri!
Bambù andò al mercato e concluse i suoi affari. Poi tornò verso casa ed attraversando la foresta rincontrò il leone, ancora più feroce ed affamato. Bambù desiderò di ucciderlo con la spada di suo padre, ed ecco che di colpo riuscì a farlo. Un seme di melone era svanito nel frattempo dalla sua tasca.
Bambù scoprì che i semi erano prodigiosi. Ascoltò il suo cuore e desiderò di essere un bel giovane e di rivedere la regina delle api. I due semi sparirono e Bambù diventò un bellissimo ragazzo: di fronte a lui giunse la regina delle api, che ingrandì fino a diventare una vera ragazza. I due tornarono a casa, si sposarono e vissero felici e contenti.
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14 Anni 7 Mesi fa #2621 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
La leggenda della Luna Piena

In una calda notte di luglio di tanto tempo fa un lupo, seduto sulla cima di un monte, ululava a più non posso.

In cielo splendeva una sottile falce di luna che ogni tanto giocava a nascondersi dietro soffici trine di nuvole, o danzava tra esse, armoniosa e lieve.

Gli ululati del lupo erano lunghi, ripetuti, disperati. In breve arrivarono fino all’argentea regina della notte che, alquanto infastidita da tutto quel baccano, gli chiese:

- Cos’hai da urlare tanto? Perché non la smetti almeno per un po’?-

- Ho perso uno dei miei figli, il lupacchiotto più piccolo della mia cucciolata. Sono disperato… aiutami! - rispose il lupo.

La luna, allora, cominciò lentamente a gonfiarsi. E si gonfio, si gonfiò, si gonfiò, fino a diventare una grossa, luminosissima palla.

- Guarda se riesci ora a ritrovare il tuo lupacchiotto - disse, dolcemente partecipe, al lupo in pena.

Il piccolo fu trovato, tremante di freddo e di paura, sull’orlo di un precipizio. Con un gran balzo il padre afferrò il figlio, lo strinse forte forte a sé e, felice ed emozionato, ma non senza aver mille e mille volte ringraziato la luna. Poi sparì tra il folto della vegetazione.

Per premiare la bontà della luna, le fate dei boschi le fecero un bellissimo regalo: ogni trenta giorni può ridiventare tonda, grossa, luminosa, e i cuccioli del mondo intero, alzando nella notte gli occhi al cielo, possono ammirarla in tutto il suo splendore.

I lupi lo sanno… E ululano festosi alla luna piena
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14 Anni 7 Mesi fa #2629 da Consuelo
Risposta da Consuelo al topic Re:Miti e Leggende
Iside, il cui nome significa 'Ultima Dea: fu adorata in Egitto per più di 7000 anni. Era chiamata 'la Signora dai Mille Nomi' perché si credeva che tutte le altre dee avessero le sue sembianze. Iside conosceva i poteri curativi delle piante ed era conosciuta soprattutto come guaritrice di bambini. Ella insegnava altresì alle donne come filare, tessere e coltivare i loro giardini. Questa è la storia della lealtà e dell'amore di Iside per il proprio marito, Osiride, e della nascita del loro figlio, Horus.

All'inizio vi era Nut, il Cielo Notturno. Nut diede la Terra alla sua prima figlia, Iside. "Queste terre sono tue" disse Nut "e le dovrai proteggere e nutrire." Nut diede le Acque della Terra al suo secondo figlio, Osiride. Fin dalla nascita Iside amò teneramente il fratello minore. Ella lo condusse al fiume Nilo e poi ad ogni pozza d'acqua del deserto perché conoscesse tutte le acque dell' Egitto. Ogni sera, quando il sole diventava rosso fuoco e dipingeva il cielo di porpora e d'oro, Iside teneva il fratello sulle ginocchia. Insieme aspettavano di vedere le stelle brillare sull' abito di Nut.

In seguito Nut partorì due gemelli, una femmina, Nebthet, e un maschio, Set. Sin dalla nascitia fu chiaro che Set era diverso dagli altri fratelli: i suoi capelli erano rosso fuoco mentre quelli dei fratelli erano di un nero corvino. La sua pelle era color del latte, mentre gli altri avevano una bella carnagione bruna. Set era di statura bassa ed era vivace e chiassoso. "Voi regnerete sui Morti" disse Nut ai gemelli. Nebthet ne fu felice, al contrario di Set, che voleva avere tutto ciò che possedeva il fratello Osiride. Divenuti adulti, Iside fu la regina d'Egitto ed Osiride il re. Iside amava occuparsi del giardino: raccoglieva le foglie secche e i boccioli e ne ricavava oli e tè curativi, ma un giorno il Sole bruciò ogni pianta nel giardino di Iside. Osiride vide quanto la regina ne fosse dispiaciutal e s'infuriò con il Sole. "lo ucciderò il Sole! Nessuno può offuscare la gioia della mia regina!" gridò. "Non puoi uccidere il Sole!" rise Iside . "Tutti gli abitanti della Terra devono avere calore ed acqua per vivere, lo sai. Il mio giardino ha bisogno solo di un piccolo corso d'acqua nelle vicinanze." "E allora lo avrai!" sentenziò Osiride. "Il fiume Nilo arriverà fino al tuo giardino! " Così chiamò i servi per scavare un solco lungo e profondo che partisse dal Nilo e, attraverso il deserto, arrivasse al loro giardino. Tanti si avvicinarono per osservare ciò che stava succedendo e alla fine il Nilo arrivò al giardino di Iside. Le foglie e le piante della regina ripresero colore. Iside sorrise ed abbracciò il suo amato sposo; la gente era contenta per lei. Set si tappò le orecchie per non sentire gli allegri commenti del popolo: egli voleva che tutti si rallegrassero solo per lui. E mai come allora volle diventare re. Così invitò Osiride ad una grande celebrazione . "Tutti ti amano, Osiride! disse al fratello. "Lascia che ti mostri quanto anch'io ti amo!" Quella notte Iside sognò i soldati di Set che circondavano Osiride. "Stai attento, mio amato!" lo mise in guardia. "Set è invidioso della tua felicità. Non fidarti di lui!" "Sei saggia a farmelo notare. Starò attento!" ti ringraziò Osiride. Nel palazzo di Set i tavoli erano coperti di piatti colmi di frutta fresca e di carne. Come sempre gli ospiti furono felici di vedere il re. Quando anche l'ultima fetta di torta fu consumata e gli ospiti erano sazi di birra, Set tolse la tovaglia dal tavolo a cui era seduto con il fratello. Sotto vi era un sarcofago tempestato di lapislazzuli e d'oro.

"Il sarcofago sarà di colui al quale si adatterà perfettamente" annunciò Set. Uno ad uno gli invitati entrarono nel sarcofago, che si rivelò troppo stretto o troppo largo o troppo lungo o troppo corto per ciascuno di loro. Giunse infine il turno del re. Ma Osiride, nonostante gli incitamenti di tutti gli ospiti, esitava, ricordando le parole di Iside. "E se fosse un trucco?" si chiedeva. Osiride guardò il fratello. Set aveva chiaramente fatto costruire il sarcofago apposta per lui. Non poteva proprio contrariarlo e deludere gli ospiti. Così entrò: era perfetto per lui! "Questo bellissimo sarcofago sembra fatto apposta per me!" commentò Osiride. " E lo è, infatti!" disse Set, chiudendo di scatto il coperchio. "Fammi uscire! In nome della regina, fammi uscire!" gridò Osiride. Ma nessuno lo poteva sentire. Vennero i soldati di Set e portarono il sarcofago sulle rive del fiume. Set era felice. "Spingetelo in acqua! Fate sparire per sempre il Re di Ieri!" Iside sentì le orecchie trillare: qualcosa non andava. Nelle ombre del tramonto ebbe la visione dei soldati di Set che circondavano Osiride. Iside alzò le braccia sulla testa e pronunciò il suo vero nome, Au Set. Subito apparvero due scintillanti ali Piumate al posto delle sue braccia. Poi, mentre abbassava le ali verso i fianchi, la regina rimpicciolì, riducendosi alla grandezza di una rondine, nella quale infine si tramutò. Quindi si innalzò verso il cielo e si diresse al palazzo di Set. All'interno del sarcofago Osiride sentiva che le correnti del fiume lo stavano risucchiando verso il fondo. "Dovevo rifiutare la birra che Set mi ha offerto!" si disse. "Avrei dovuto sapere che mi stava ingannando!" Osiride era pieno di rimpianto, ma non aveva paura.

Sapeva che Iside lo avrebbe trovato. Passarono i giorni. Iside continuava a volare; Osiride, chiuso nel sarcofago, pativa la fame e la sete e così iniziò a perdere le forze. Le correnti del fiume divennero più violente. Il sarcofago andò a sbattere contro il tronco di un tamarisco. Il povero re batté violentemente la testa, cadendo nel profondo sonno della morte. L'albero avvolse i suoi rami attorno al sarcofago e, passando i giorni, lo nascose completamente. Quando Iside arrivò, del tamarisco non restava che un grande ceppo: un taglialegna lo aveva tagliato e aveva portato via con sé la legna. Quella notte Iside si riposò in un canneto proprio vicino al ceppo e sognò Osiride all'interno del sarcofago, che a sua volta era rinchiuso in un alto pilastro di legno nel palazzo lì vicino. La regina si svegliò con un sussulto. La mattina la dama che abitava nel palazzo, vedendo la rondine che volava freneticamente attorno al pilastro, mise una ciotola d'acqua ai suoi piedi. "Che cos'hai, rondinella mia?" le chiese. Iside volò sul bordo della ciotola, poi vi si tuffò bagnandosi le piume. Aprendo le ali, riprese le sembianze di una donna alata in miniatura. Poi, in un battere di ciglia, ritornò alle sue vere dimensioni. La dama cadde in ginocchio: "Signora dai Mille Nomi! Che cosa mai vi ha condotta qui?" Iside le parlò del tradimento di Set ai danni di Osiride. "Sono sicura che il mio amato sposo è prigioniero in questo pilastro!" disse.

La donna chiamò i suoi servi tori perché abbattessero subito il pilastro e lo aprissero in due. Lì, infatti, c'era il sarcofago di lapislazzuli e d'oro e, all' interno, vi era il cadavere di Osiride. Iside pianse per il dolore. Poi mise il sarcofago su una barca a remi e iniziò il suo lungo viaggio sul fiume verso casa. Iside tenne nascosto il corpo di Osiride nel paludoso delta del fiume. Poi lo bagnò con acqua fresca e gli disse che sarebbe tornata presto. "Devo trovare le erbe curative da spargere sul tuo corpo, poi ti porterò alla Terra dei Morti." Ora, proprio quella notte, Set era uscito a cacciare. Quando vide il sarcofago di lapislazzuli e d'oro nella palude, non poté credere ai suoi occhi. "E' un incubo! Non può essere vero!" ringhiò, in piedi accanto al cadavere. "Come è riuscita Iside a trovarlo e a portarlo qui?" gridò, cercando la sua spada. "Non ti troverà, questa volta!" e così dicendo tagliò il corpo in quattordici parti, poi le gettò nel fiume. Iside sentì il cuore contrarsi in uno spasmo. Qualcosa non andava. Così tornò al fiume e lì trovò il sarcofago vuoto. La donna gridò tutta la sua rabbia. Sapeva esattamente che cosa era successo. Alzando le braccia pronunciò il suo vero nome e si buttò nel fiume. Le sue lunghe gambe si trasformarono nella potente coda di un pesce gigante e la dea nuotò nelle acque del Nilo alla ricerca del corpo del suo amato sposo. Raccolse uno ad uno i quattordici pezzi in cui era stato tagliato il corpo di Osiride e, insieme alla sorella Nebthet, lo ricompose. Iside cantò il 'Canto per una Nuova Vita' per tutto il giorno e tutta la notte. Alla fine Osiride aprì gli occhi. Poteva a malapena sollevare la testa. La sua voce era solo un sussurro. Iside lo abbracciò con delicatezza e lo amò. Poi Osiride morì. Ormai non c'era più niente che Iside potesse fare per lui. Mentre spalmava gli unguenti sul suo corpo la regina cantava e cantò anche quando lo appoggiò sulla barca di Nebthet; poi cantò percorrendo tutta la strada che giungeva fino al Mondo degli Inferi. Mentre Iside lasciava Osiride al suo destino, percepì che un figlio cresceva dentro di lei. "Il nuovo re!" pensò tra sé e sorrise. Poiché sapeva che Set sarebbe stato geloso di quel figlio, Iside rimase nel deserto fino alla nascita di Horus. Il bambino era gracile e debole: il suo corpo bruciava per la febbre ed era scosso da tremiti. Iside lo curò, lo accudì e gli sussurrò parole dolci. Poi gli cantò il 'Canto della Lunga Vita' e lo nutrì con erbe medicinali finché non fu guarito. Ogni sera, quando il sole diventava rosso fuoco e dipingeva il cielo di porpora e d'oro, Iside teneva il figlio sulle ginocchia insieme aspettavano di vedere le stelle brillare sull' abito di Nut.

Appena il bambino seppe camminare Iside lo condusse a conoscere tutte le terre e le acque d'Egitto, poi gli insegnò il nome delle piante e i segreti della raccolta dei semi, delle radici e dei boccioli. Gli spiegò come usare le piante per curare ogni malattia, infine gli insegnò tutti i canti magici che conosceva. Naturalmente Set era geloso del nipote e un giorno, quando Horus era ormai adulto, lo sfidò a duello per la conquista del trono. "Non devi preoccuparti, figlio mio! Set è ormai vecchio e tu sei giovane e forte!" lo rincuorava Iside. E infatti Set fu sconfitto dal nipote. Iside divenne regina d'Egitto accanto al re suo figlio e insieme regnarono per migliaia di anni. I suoi poteri curativi e il suo amore eterno verso Osiride la resero una delle dee più amate di ogni tempo.
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14 Anni 7 Mesi fa #2668 da LaDea
Risposta da LaDea al topic Re:Miti e Leggende
Quando il primo bambino sorrise... per la prima volta...
il suo riso si spezzò in mille frantumi che si sparsero saltellando
da tutte le parti.

Quella fù l'origine delle fate
Mille e mille anni fa una schiera di uomini e donne bellissime uscirono dalle fitte nebbie che circondavano il grande nord.
Erano i Tuatha e i Dunaan , gli “Uomini della Dea”.
Saggi , forti ed esperti di magia, i Tuatha conquistarono ben presto tutta l’Irlanda. Regnarono indisturbati e felici per secoli, fino a quando arrivò dal sud un popolo dai capelli rossi: i Gaeli.
I Tuatha nascosero le spiagge dell’isola dietro dietro una grande nuvola nera e scatenarono una tremenda tempesta. I Gaeli furono così ricacciati indietro, non riuscendo ad approdare. Tra le loro fila c’era però un grande druido dotato di grandi poterimagici che comandò alla tempesta di cessare. I Gaeli poterono così sbarcare sulle coste dell’Irlanda e i Tuatha persero una battaglia dopo l’altra , passando da re e padroni a miseri servi. Piuttosto che obbedire ai Gaeli , gli orgogliosi Tuatha preferirono scomparire e nascondersi, chiedendo aiuto al grandissimo mago Manannan , conoscitore di tutti gli incantesimi di questo e dell’altro mondo. Manannan esplorò tutta l’Irlanda per cercare le colline e le vallate più verdi e più belle perché diventassero la dimora segreta del suo popolo, poi lo circondò da mura invisibili, che nessuno poteva attraversare. I Tuatha impararono a rendersi invisibili per entrare e uscire dal loro regno.
Da allora i Tuatha si trasformarono in creature fatate potentissime, chiamate dagli uomini Sidhe o Piccolo Popolo...
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